Storia dell'emancipazione femminile in Italia
Valentina Piattelli
Adesso le donne sono cittadine di serie A, al pari degli uomini. Esse sono
padrone di se stesse e godono dell’eguaglianza giuridica e di tutti gli stessi
diritti degli uomini. Possono accedere a tutte le professioni e a tutti gli uffici
(tranne che nel clero e nell’esercito, per ora). Non è sempre stato così però.
In passato la donna era un accessorio del capofamiglia (padre o marito). Nel
Codice di Famiglia del 1865 le donne non avevano il diritto di esercitare la
tutela sui figli legittimi, né tanto meno quello ad essere ammesse ai pubblici
uffici. Le donne, se sposate, non potevano gestire i soldi guadagnati con il
proprio lavoro, perché ciò spettava al marito. Alle donne veniva ancora
chiesta l’"autorizzazione maritale" per donare, alienare beni immobili,
sottoporli a ipoteca, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, né
potevano transigere o stare in giudizio relativamente a tali atti. Tale
autorizzazione era necessaria anche per ottenere la separazione legale.
L’articolo 486 del Codice Penale prevedeva una pena detentiva da tre mesi
a due anni per la donna adultera, mentre puniva il marito solo in caso di
concubinato.
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