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La tecnologia e le relazioni umane de Mauro Doglio

Riflettendo sul rapporto tra tecnologia e relazioni umane è molto facile cadere in un eccesso di semplificazione, per evitarlo propongo di partire da una domanda circolare (potremmo anche dire ‘sistemica’), che permetta di riflettere su questo tema in modo più articolato. La prima parte della domanda è Cosa ne fanno le persone della tecnologia ? È molto interessante porre questa domanda ad alunni e alunne e ascoltare quello che hanno da dire : Dopo colazione esco di casa munita del mio inseparabile walk-man, mi avvio verso la stazione ascoltando il mio cantautore preferito ; io apprezzo dei film che mi fanno capire qualcosa di più sui problemi del mondo ; di solito quando vado al cinema con tanti amici vediamo film comici. Nessuno guarda il film in quelle circostanze e si passano due ore a ridere e a saltellare sulle sedie(1). Intanto una prima osservazione : potremmo costruire una rappresentazione del sistema dei media partendo proprio dalle osservazione dei ragazzi e delle ragazze sul modo in cui usano i mezzi di comunicazione, loro sono senz’altro i veri esperti di questo argomento. Ascoltandoli apprendiamo la molteplicità di usi della tecnologia : il walk-man diventa una specie di schermo acustico che protegge dai rumori aggressivi della città, il cinema può essere uno strumento per allargare la propria visione del mondo o uno spazio dove socializzare. La seconda parte della domanda è Cosa ne fa la tecnologia delle persone ? Nella parola tecnologia sono contenuti due concetti importanti. Il primo è legato alla tecnica e rimanda immediatamente all’operatività, al fare qualcosa con degli strumenti per raggiungere degli obiettivi ; l’altro deriva dalla radice “logos”, da cui deriva la parola ‘logica’. C’è una logica negli strumenti che utilizziamo, e normalmente rimane invisibile. Cechiamo allora un esempio che renda visibile questa logica contenuta negli strumenti. Quando è nato il libro a stampa, sembrava solo che una nuova tecnologia fosse venuta in aiuto dei copisti che faticosamente ricopiavano i manoscritti, in realtà stava avvenendo una delle più grandi rivoluzioni culturali della storia umana. In estrema sintesi, cambiando il modo di trasferire le informazioni sono cambiate anche le informazioni stesse ; l’omogeneità delle copie dello stesso libro garantita dalla stampa ha permesso di far circolare le medesime informazioni per tutta Europa da Colonia a Siviglia, da Roma a Parigi consentendo agli scienziati di confrontarsi e di discutere sugli stessi dati. Questo è uno dei fattori che ha permesso lo sviluppo scientifico del cinquecento e del seicento e, quindi, della società che conosciamo oggi. Continuando a domandarci Cosa ne fa la tecnologia delle persone ? Ci accorgiamo che è difficile separare chiaramente i vantaggi dagli svantaggi, e scopriamo che ogni tecnologia porta in se il suo doppio. Paul Virilio, studioso francese dei media sostiene per esempio che quando è stato inventato il treno è stato inventato anche l’incidente ferroviario. Un compito educativo importante è dunque di aiutare chi cresce a riflettere su vantaggi e svantaggi della tecnologia.

Velocità Vediamo rapidamente in che modo può essere approfondita la nostra domanda ‘sistemica’ sul rapporto tra tecnologia ed esistenza. Una caratteristica della tecnologia odierna è la velocità, essa è considerata un valore assoluto, tanto che l potere oggi si misura proprio su di essa. Il più potente è chi si muove più veloce. Sempre Virilio ha esemplificato l’effetto di accelerazione permesso dalla tecnologia raccontando un fatto di cui fu testimone da bambino Durante la guerra Virilio era stato a fare acquisti con sua madre in un quartiere della città e ci fu un bombardamento e il giorno dopo l’intero quartiere era sparito, si vedeva l’orizzonte. All’improvviso tutto era sparito. Per un bambino una città è eterna. All’improvviso essa era crollata come uno scenario, ero meno sensibile alla morte e al dramma, anche se avevo paura, che non alla scomparsa, al dileguamento, ciò che ho chiamato in seguito “l’estetica della sparizione”. Tutto ciò era la guerra, la guerra lampo, la dominazione, l’eroicizzazione della tecnica. Far sparire la realtà, la realtà della vita, di un quartiere. Questo spettacolo della guerra, di una tecnologia onnipotente mi ha completamente plasmato. L’interesse che ho concepito per la città, la tecnica e la guerra, i miei tre elementi, deriva da questa città crollata in un minuto. Tecnica significa dunque anche potenzialità distruttiva, possibilità di colpire da lontano e velocemente. Ciò è divenuto lampante a partire da fine ottocento, quando il dominio dell’occidente sull’Africa è stato determinato da armi sempre più potenti e mezzi più veloci, e appare evidente in ogni servizio televisivo che riguardi le ultime guerre.

Naturalmente tecnologici La tecnologia non è qualcosa di separato dagli esseri umani, la tecnologia si può capire solo a partire dalla nostra vita, la nostra vita si può capire solo a partire dalla tecnologia ; uno studioso americano, Peirce, ha sintetizzato questo concetto in modo molto chiaro Noi siamo quello che siamo perché ci impegniamo nelle forme di comunicazione a cui siamo indotti fin da bambini e creiamo le forme di comunicazione nelle quali ci impegniamo perché siamo quelli che siamo(2). Qual è allora il rapporto tra tecnologi e relazioni umane ? Cerchiamo una risposta in un dialogo di Platone in cui Protagora, un sofista, non a caso un esperto nella tecnica retorica, racconta una storia che riguarda da vicino il nostro problema. La storia racconta che all’inizio gli unici esseri viventi erano gli dei, poi venne il tempo della creazione delle specie mortali e diedero incarico a Prometeo e Epimeteo di dare un ordine alle specie prodotte e di dare a ciascuna le possibilità adatte per la sopravvivenza. Epimeteo chiese ed ottenne da Prometeo di esercitare da solo l’incarico : distribuì le risorse tra tutti gli animali : forza, resistenza, prolificità, ad un certo punto però si accorse di aver distribuito tutto agli esseri privi di ragione, lasciando senza risorse il genere umano. Così Prometeo, per rimediare al danno, rubò il fuoco e lo donò agli esseri umani. Gli esseri umani, grazie alla sapienza tecnica conferita loro dal fuoco, potevano sopperire alla mancanza delle risorse naturali procurandosi l’abitazione, i vestiti, il cibo. Però vivevano ancora isolati ed erano esposti agli assalti delle fiere. Per uscire da questa situazione si raccolsero in città ma, sprovvisti di qualsiasi tecnica politica, iniziarono a commettere ingiustizie reciproche, autodistruggendosi. Zeus, temendo l’estinzione totale del genere umano, mandò Ermes a distribuire rispetto e giustizia in modo da instaurare un ordine e legami di solidarietà. Ermes prima di partire domandò a Zeus : “Ma rispetto e giustizia li devo dare a tutti in parti uguali o a qualcuno di più e a qualcuno di meno ?”. Zeus risponse che la distribuzione della tecnica politica doveva essere uguale per tutti, perché se la tecnica politica fosse stata data a pochi, il sorgere della città e della vita comune sarebbe stata impossibile. Altre tecniche potevano essere ripartite in modi diversi, ma la tecnica politica doveva essere data a tutti.

La tecnica politica Questa storia mi sembra interessante per due motivi : innanzitutto perché spiega che gli esseri umani sono appunto umani in quanto sono tecnologici, non c’è una tecnica che si somma alla nostra natura, anzi, per così dire, la nostra natura è quella di essere tecnologici. Il secondo è che la tecnologia ‘della potenza’, che ci permette di amplificare le nostre forze, di essere più veloci, ecc. da sola non basta : con la sola tecnologia gli esseri umani si autodistruggono. Ci vuole un’altra tecnologia, chiamiamola di secondo livello, che sia superiore alle altre tecniche e che permetta agli esseri umani di governare il potere che attraverso di esse possiedono : questa tecnica è la tecnica politica, intesa come capacità degli esseri umani di convivere, condividendo le scelte : è la capacità di costruire relazioni, la capacità comunicativa fondamentale. Questo tradotto in termini educativi significa che bambini e bambine, ragazzi e ragazze, che fanno un uso quotidiano della tecnologia non devono essere lasciati soli. È necessaria un’educazione alla tecnica politica in quanto tecnica delle tecniche : bisogna che alunni e e alunne abbiano spazi dove interrogarsi su quello che vedono in televisione, su quanto tempo la guardano, sulla pubblicità, sui consumi e su tutti gli altri aspetti della tecnologia che fanno parte della loro vita.

Tecnologia, educazione, società Marcello Piccardo è stato un grandissimo pioniere della ricerca didattica, insieme a Munari e Belgrano ha proposto il cinema fatto dai bambini (3). Nel corso di un’intervista nella quale si discuteva sulla funzione dell’insegnante nel rapporto tra bambini e tecnologia ha affermato che La presenza del grande vicino al bambino dovrebbe essere una forma di accompagnamento senza predominio. I bambini non sono esserini deboli e bisognosi di aiuto, ma hanno un grande potere : sono capaci di comunicare, fare ricerca e di animare i grandi . Comunicare non vuol dire saper utilizzare i mezzi ma esprimersi a tutto tondo, in modo stellare, in tutte le direzioni. Questo i bambini sono capaci di farlo, hanno bisogno che gli adulti accanto a loro non li blocchino, non chiudano loro le strade. L’insegnamento fondamentale di Piccardo, a mio parere, è che le tecnologie inserite in una ‘logica politica’ rappresentano potenzialità di espressione e di esplorazione del mondo e hanno un significato grandissimo in campo educativo. Mi sembra che una riflessione come quella che abbiamo sviluppato trovi una ideale conclusione nelle parole con cui Hanna Arendt introduce il suo libro Vita Activa : La questione consiste nel vedere se vogliamo servirci delle nostre nuove conoscenze scientifiche e tecniche in questa direzione [distruggere tutta la vita organica sulla terra], ed è una questione che non può essere decisa con i sistemi della scienza : è una questione politica di prim’ordine e per questo non può essere lasciata alla decisione di scienziati di professione e neppure a quella dei politici di professione perché se la conoscenza si separasse irrimediabilmente dal pensiero, allora diventeremmo esseri senza speranza, schiavi non tanto delle nostre macchine, quanto della nostra competenza. Creature prive di pensiero alla mercé di qualsiasi dispositivo tecnicamente possibile per quanto micidiale(4). Se non riusciamo ad approfondire il nostro rapporto con le tecniche fino al punto da sviluppare una tecnica delle tecniche, ovvero una capacità di pensare politicamente l’uso delle tecniche, allora corriamo il rischio, come dice Anna Arendt, di trovarci esposti a ‘qualsiasi dispositivo... per quanto micidiale’, e non penso solo alle bombe e ai missili, ma anche ai dispositivi tecnici alimentari che trasformano esseri viventi (come è stato il caso della ‘mucca pazza’), in ordigni capaci di uccidere.

Mauro Doglio, insegnante, è responsabile del Dipartimento Counselling Comunicazione Educazione dell’Istituto Change di Torino, formatore dei CEMEA a Torino Il testo è la rielaborazione dell’intervento svolto al seminario organizzato dai CEMEA di Torino “Educazione e globalizzazione” svoltosi a Torino il 24 e 25 maggio 2002

(1)Le citazioni degli alunnie e quelle seguenti di Virilio e Piccardo sono in : Doglio, Mauro, Media e scuola. insegnare nell’epoca della comunicazione, Milano, Lupetti, 2000 (2) Pearce, Barnett.W. Comunicazione e condizione umana, Milano, FrancoAngeli, 1995 (3)Piccardo, Marcello, Il cinema fatto dai bambini, Roma, Editori Riuniti, 1974 (4) Arendt, Hannah, Vita activa. La condizione umana, Milano, Bompiani, 1991




Maj :12/06/2006
Auteur : ficemea